Ostacoli sul cammino: come Yoga e Buddhismo trasformano le difficoltà in strumenti di consapevolezza

Ostacoli sul cammino: come Yoga e Buddhismo trasformano le difficoltà in strumenti di consapevolezza

ostacoli nella ricerca interiore

Un articolo per insegnanti e praticanti esperti di yoga
Ciclo “Ostacoli sul Cammino” – Formazione Continua RiequilibrioYoga®

Introduzione: il mito della crescita lineare nello yoga moderno

Chi pratica o insegna yoga da tempo conosce bene questa dinamica: periodi di grande chiarezza e fluidità si alternano a momenti di stagnazione, difficoltà, ostacoli più o meno espliciti. Eppure, lo yoga contemporaneo — soprattutto quello diffuso sui social — tende spesso a raccontare una pratica “in continua crescita”, fatta solo di progressi, intensità e armonia.

La realtà è diversa: il cammino è discontinuo, come tutte le vie interiori autentiche.

Le tradizioni classiche dello Yoga di Patañjali e del Buddhismo non solo riconoscono gli ostacoli: li descrivono con precisione, li classificano e forniscono strumenti per attraversarli.
Il ciclo “Ostacoli sul Cammino: la scoperta di sè” nasce esattamente da questa idea: offrire agli insegnanti e ai praticanti avanzati gli strumenti per lavorare con lucidità, sensibilità e competenza sulla relazione tra ostacolo, pratica e consapevolezza.

Gli antarāya secondo Patañjali: quando la mente devia dal suo asse

Nel Sūtra I.30 degli Yogasūtra, Patañjali elenca i citta-vikṣepa, “distrazioni della mente”, chiamate anche antarāyāḥ, “ostacoli”:

  1. vyādhi – malattia, disturbo fisico
  2. styāna – torpore, ottundimento
  3. saṃśaya – dubbio
  4. pramāda – negligenza, disattenzione
  5. ālasya – inerzia, pigrizia
  6. avirati – dipendenza, incapacità di controllo
  7. bhrānti–darśana – percezione distorta
  8. alabdha–bhūmikatva – incapacità di stabilire un livello di pratica
  9. anavasthitatva – instabilità, impossibilità di mantenere lo stato raggiunto

Fonti indicate e verificate: Yogasūtra I.30 con commento tradizionale (Vyāsa).

Questi ostacoli non sono errori del praticante, ma dinamiche prevedibili, che emergono:

  • nella pratica quotidiana,
  • nei percorsi di formazione,
  • e nell’insegnamento.

Un insegnante esperto li vede ogni giorno: rigidità che impediscono un arco, paura che blocca un capovolto, discontinuità nella pratica personale, confusione tra sensibilità e reattività.

Gli āvaraṇa nel Buddhismo: le velature che impediscono la chiara visione

Nel Buddhismo, soprattutto nella tradizione indo–tibetana, si parla di āvaraṇa, “ostruzioni”, articolate in:

  • kleśāvaraṇa – ostruzioni afflittive (passioni, emozioni disturbanti)
  • jñeyāvaraṇa – ostruzioni cognitive (che impediscono una comprensione piena)

A livello pratico, i testi canonici elencano anche i “cinque impedimenti” (nīvaraṇa):

  • desiderio sensoriale
  • avversione
  • torpore/letargia
  • agitazione/ansia
  • dubbio

Fonti: Sutta PitakaNīvaraṇa-saṃyutta, Majjhima Nikāya.

Questi impedimenti coincidono in modo sorprendente con gli antarāya di Patañjali: segno di una convergenza profonda tra due tradizioni che hanno osservato con realismo e lucidità il funzionamento della mente.

Il contributo di Marco Passavanti: testi antichi, pratica contemporanea

Il seminario del ciclo è condotto da Marco Passavanti, che da anni si occupa di:

  • storia dello yoga nell’Asia meridionale,
  • tradizioni yogiche del Buddhismo tantrico,
  • testi medievali dell’haṭhayoga,
  • relazione tra filosofia, meditazione e pratica posturale.

Fonti verificate nei suoi lavori accademici, contributi e biografie pubbliche.

La sua guida permette di portare nel ciclo un’analisi rigorosa, evitando semplificazioni e fraintendimenti molto diffusi nel panorama dello yoga occidentale.

Il suo approccio — che unisce studio filologico e esperienza diretta di pratica — crea un ponte solido tra:

  • i testi antichi,
  • esperienza di conduzione dei gruppi,
  • e la complessità della mente contemporanea.

Ostacoli concreti: il corpo come laboratorio

Nel ciclo, gli ostacoli non vengono studiati solo sul piano teorico: vengono osservati nella pratica reale degli āsana, attraverso due famiglie estremamente rivelatrici:

Archi

Ostacoli tipici:

  • compressioni lombari
  • rigidità delle spalle e del torace
  • paura dell’apertura
  • volontà eccessiva → sovraccarico
  • difficoltà a coordinare respiro e direzione

Qui l’ostacolo mostra la relazione tra:

  • immagine ideale di sé,
  • reale possibilità del corpo,
  • capacità di ascolto.

Capovolti

Ostacoli tipici:

  • paura di cadere
  • disorientamento
  • instabilità del centro
  • “rigidità difensiva” del sistema nervoso
  • confusione tra forza e controllo

Qui l’ostacolo è spesso mentale:
la mente vuole stabilità, il corpo entra in un territorio “invertito”, la percezione cambia.

Per questo i capovolti diventano un laboratorio privilegiato di fiducia e consapevolezza.

Ostacoli e didattica: la maturità dell’insegnante

Nel contesto di questo lavoro si presentano due rischi opposti: l’illusione di poter “curare” tutto, che induce l’insegnante a improvvisarsi terapeuta, e la paura di nuocere, che porta invece a evitare intere aree della pratica.

Il ciclo di lavoro propone una terza via equilibrata che unisce tecnica rigorosa, sensibilità didattica e ascolto non giudicante, dove l’insegnante agisce da facilitatore anziché da risolutore e integra armonicamente ostacolo, corpo, respiro e mente

Cosa offre il ciclo “Ostacoli sul cammino”

  • 2 workshop tecnici + 2 laboratori didattici
    (Archi e Capovolti)
  • 1 seminario Yoga e Buddhismo
    (con Marco Passavanti)
  • 23 ore riconosciute YANI
  • Dispense tecniche
  • Approccio interdisciplinare e non performativo

L’ostacolo come maestro

Le tradizioni antiche lo affermano con chiarezza: l’ostacolo non blocca la pratica, ma la approfondisce, poiché proprio nella frizione tra desiderio e limite, tra stabilità e disorientamento, il praticante scopre le proprie abitudini interiori, i punti ciechi, le risorse reali e la qualità della presenza.

Per un insegnante è un passaggio di maturità:
smettere di cercare “la classe perfetta” e imparare a lavorare con ciò che c’è — nel corpo, nella mente, nella relazione con gli allievi.È qui che il ciclo “Ostacoli sul Cammino” trova il suo valore più profondo:
riportare l’ostacolo al centro della pratica come luogo di comprensione, trasformazione e crescita autentica.